Santa Fiora 25 novembre 2017 – Come sapete ogni anno scegliamo un tema, una parola, un concetto che faccia da filo conduttore della giornata. Un pensiero intorno al quale i nostri ospiti possano sviluppare i loro interventi.
Quest’anno abbiamo scelto il tema dell’EDUCAZIONE intesa nella sua accezione più alta, contrapposta per certi versi al concetto di istruzione che per sua natura presuppone un soggetto attivo e uno passivo. Preferiamo invece un’azione di scambio, dove le persone in relazione tra loro, riescano ad educarsi reciprocamente e crescere all’interno di questa relazione.
Viviamo un epoca dove le informazioni , le notizie sono altamente accessibili e fruibili, dove ognuno di noi a qualsiasi titolo può dire la propria opinione e renderla a sua volta accessibile e fruibile da un numero di persone enormemente più alto rispetto alle conoscenze di ciascuno. Un epoca dove ognuno di noi può dire qualsiasi cosa anche la più falsa e strumentale e trovare comunque consensi e “like” senza peraltro essere costretto a “metterci la faccia” e assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
I vantaggi sono innegabili, informazione più diffusa, maggiore accesso a notizie e approfondimenti che fino a qualche anno fa era complicato se non quasi impossibile ottenere per un numero così alto di persone. D’altra parte questo tipo di informazione va nel senso opposto dell’approfondimento, mette tutto sullo stesso livello: la notizia di giornalismo professionale e di ricerca, come quella inventata di sana pianta che però è funzionale a uno scopo più o meno nascosto.
Anche il nostro sistema ha patito e sta patendo questo tipo di informazione. Troppo spesso e senza ragione siamo stati accomunati a false cooperative lontane dalla nostra storia e dai nostri valori. Il calo di reputazione del nostro movimento è stato una conseguenza dalla quale ancora oggi non riusciamo ad affrancarci pienamente. Sicuramente parte della responsabilità è anche nostra, non siamo riusciti a comunicare il valore dei nostri valori, la sostanza della nostra storia e la convinzione che la collaborazione, la condivisione, la cooperazione siano gli unici strumenti che ci possono “salvare”.
E’ sempre più profondo il distacco tra le persone e le istituzioni rappresentate in ogni loro forma, dallo stato centrale ai governi territoriali. La politica e i partiti hanno perso di credibilità e di prestigio. Ne sono un chiaro sintomo e segnale i dati relativi all’affluenza alle urne registrate nelle ultime tornate elettorali: 2 cittadini su tre hanno scelto di non esercitare il primo e fondamentale diritto: quello di far sentire la propria voce attraverso il voto.
E’ chiaro che il nostro compito non è quello di sostituirci a nessuno, ma in contesti come il nostro dove il presidio del territorio, il dialogo con le persone, l’ascolto delle loro richieste è sempre meno esercitato, il nostro ruolo deve essere ancora più incisivo che nel passato.
Deve essere chiaro che la cooperativa è parte dei territori che abita e che per questo intende fare la propria parte nei modi propri di cooperativa. La nostra credibilità, la nostra reputazione, il nostro valore sono certificati ogni giorno dentro i punti di vendita dai nostri prodotti a marchio e nelle azioni quotidiane del consiglio di amministrazione, dei soci attivi e dei dipendenti.
Questo però abbiamo capito non essere sufficiente, in un contesto di sovraccarico di informazioni, vere o false che siano, è obbligatorio rendere più efficace il nostro modo di comunicare. Dobbiamo non dare più scontato che le cose è sufficiente farle. Dobbiamo dare evidenza e sostanza alle azioni che compiamo e fare di tutto perché le enunciazioni di principio siano seguite da azioni concrete e coerenti. Dobbiamo prestare ascolto alle istanze che ci vengono poste e rispondere ad esse con coraggio e coerenza.
È un momento non semplice per il nostro sistema e per il movimento cooperativo in generale. E’ un momento in cui riflessioni importanti e probabilmente non facili sono obbligatorie. In questi ultimi anni l’azione della concorrenza è sempre più capillare e i nostri concorrenti più temibili sono quelli che sanno stare e interpretare i territori relazionandosi con le persone e con i loro bisogni. È vitale per noi conservare i nostri tratti distintivi di vicinanza e di capacità di interpretare i bisogni dei nostri luoghi. I soci ci rimarranno vicini se sapremo dare risposte concrete ai loro bisogni.